Il maestro Piero Romano sull’ultimo DPCM del Governo
«Limitiamo, ma non azzeriamo»
L’auspicio del Direttore artistico dell’Orchestra Magna Grecia
Non sono in grado di esprimere un giudizio sereno sulla scelta del Governo di chiudere al pubblico gli spettacoli dal vivo. Non possiedo tutti gli elementi che hanno condotto alla chiusura degli spazi riservati agli spettacoli. Il mio cuore, infatti, inevitabilmente mi porterebbe ad una scelta più di pancia che di testa. A freddo, però, posso dire che probabilmente del Comitato tecnico-scientifico non fanno parte persone che hanno partecipato alle molteplici attività artistiche svolte quest’estate. L’Agis, l’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, ha analizzato e trasferito risultati importanti, come il coinvolgimento di 350mila persone con un solo contagiato accertato durante la frequentazione dei Luoghi dell’arte.
E’ come se l’esperienza vissuta lo scorso 15 giugno, che ci ha visti in prima linea con lo spettacolo “Dove eravamo rimasti” organizzato dal Comune di Taranto per rallegrarci della riapertura delle manifestazioni al pubblico, non ci avesse insegnato nulla. Fino ad oggi chiunque sia stato impegnato in queste attività lo ha fatto con grande responsabilità, rispettando in totale contingentamenti di pubblico, distanziamento e precauzioni previste, per musicisti, operatori e, naturalmente, per il pubblico stesso.
Auspico che il Governo, avendo tutti gli elementi di queste esperienze, possa determinare un’attività limitata, contingentata, ma non l’azzeramento della stessa; credo che il Governo, attraverso lo strumento dei finanziamenti, debba darci modo di continuare a svolgere un’attività piuttosto che bloccarci in casa.
Al contrario, significherebbe togliere il campo di allenamento quotidiano agli artisti e sottrarre spazio di culto al nostro pubblico. Non ci si può fermare: si può andare a tre cilindri, ad un regime ridotto, con un profilo basso, ma non bloccare completamente le attività.
Potessi scegliere, preferirei una platea di cinquanta persone e non duecento, pur di proseguire nel dialogo culturale. Di una cosa sono assolutamente convinto: le opportunità di incontro, oggi purtroppo precluse, faciliterebbero una fruizione dell’arte anche da parte di chi, abitualmente, non si affaccia a questo genere di attività, potenziando e amplificando, invece – per dirla alla Muti – il valore terapeutico dell’anima e della mente.
Considero, questa, un’opportunità persa. Fiducioso e ottimista, credo ci spetti accordare al meglio i nostri strumenti. Ciò affinché dal 25 novembre, fra gli alti e bassi della pandemia, si possano trovare soluzioni che non portino mai, e poi mai, alla chiusura dello spettacolo dal vivo.
Piero Romano